Sfamare la bomba - Singola | Storie di scenari e orizzonti
Corona Farmers Market, New York, 2020
Corona Farmers Market, New York, 2020

Sfamare la bomba

Cosa dovremmo aspettarci dell'agritech 4.0?

Corona Farmers Market, New York, 2020
Alessandro Leonardi

è giornalista pubblicista, speaker radiofonico e autore di analisi sul sistema industriale-tecnologico. Si occupa di evoluzioni e crisi dei modelli di sviluppo, con al centro la crisi climatica e i piani di mitigazione/adattamento connessi con la geopolitica e la macroeconomia. Scrive su varie testate nazionali.

Nel lontano 1968 venne pubblicato negli Stati Uniti un saggio intitolato The Population Bomb, da parte del biologo Paul R. Ehrlich e sua moglie Anne Ehrlich, dove si lanciavano allarmi foschi per gli anni '70 e '80, annunciando fra l'altro la possibilità di carestie di massa a causa del repentino aumento della popolazione globale. Il saggio ebbe un successo straordinario, ma allo stesso tempo venne investito da numerose polemiche e accuse di catastrofismo, soprattutto nei decenni successivi alla pubblicazione. I paventati disastri alimentari infine non avvennero, mentre nel mondo vi furono degli evidenti progressi nel garantire maggior cibo all'umanità, nonostante il continuo incremento degli abitanti della Terra. Paul R. Ehrlich, così come altri teorici simil-maltusiani, non avevano compreso pienamente le potenzialità di una rivoluzione che era in corso dagli anni '40: la “Rivoluzione Verde”.

Consci del pericolo derivante dalle carestie su larga scala, diverse fondazioni e scienziati si erano messi all'opera per migliorare la produttività agricola attraverso la combinazione di molteplici elementi: l'utilizzo esteso di nuove tecnologie, la creazione di varietà ibride con tecniche di selezione artificiale, l'uso di fertilizzanti e pesticidi chimici, oltre che la costruzione di sistemi di irrigazione all'avanguardia. Uno dei massimi promotori di questo metodo fu l'agronomo Norman Borlaug, che venne invitato in India circa sei anni prima della pubblicazione del libro di Ehrlich, proprio per tentare di sconfiggere la fame che affliggeva la popolazione locale. Il successo della “Rivoluzione Verde” fu enorme, moltiplicando i raccolti in diverse parti del mondo, con un diminuzione netta delle carestie, soprattutto in Asia. Ovviamente come ogni rivoluzione ha avuto sul lungo termine delle ombre e degli effetti collaterali che tutt'ora si ripercuotono sul nostro pianeta, dall'uso estensivo dei combustibili fossili fino al consumo aggravato del suolo. Ma il ricordo di quello sforzo collettivo sta riemergendo in questi anni per la nuova fase che dovrebbe investire l'agricoltura: ovvero la quarta rivoluzione agricola, detta anche AgriTech 4.0. In sintesi la combinazione delle tecnologie digitali con gli ultimi ritrovati scientifici in campo agricolo, per affrontare le sfide del XXI sec., dagli effetti della crisi climatica all'inurbamento di miliardi di persone. Un'evoluzione dell'agricoltura moderna con il preciso scopo di garantire il futuro alimentare dell'umanità.

Le nuove tecnologie

Nelle nostre società dominate dal terziario, la cui quota supera il 70% del Pil, si parla poco del settore primario, specialmente del comparto agricolo. Sovente il dibattito presenta una visione antiquata e tradizionale, nonostante sia un ambito economico-produttivo fondamentale per il sostentamento della nostra specie. Ancora più fondamentale nei Paesi emergenti e poveri, dove la forza lavorativa agricola è ancora parecchio consistente rispetto a quella delle nazioni avanzate, dove è ridotta ai minimi termini. Ma con l'avanzare del progresso tecnologico, soprattutto nel campo digitale e delle tecnologie esponenziali, si sono attivate una serie di rapidi cambiamenti partendo dalle basi dell'agricoltura di precisione, affermatasi su larga scala negli anni '90, e ora pronta per un salto evolutivo; un nuovo modello di sviluppo che dovrebbe combinare efficienza, informazione e sostenibilità, garantendo una moltiplicazione della produzione e una maggiore sicurezza alimentare su tutta la filiera, dalla semina alla raccolta, fino alla distribuzione.

ZipGrow Towers all'interno di una serra

ZipGrow Towers all'interno di una serra

Uno dei fattori chiave di questo progresso sono i dati e le infrastrutture digitali che li processeranno. Grazie all'Internet of Things, ogni strumento agricolo, dispositivo, prodotto e area coltivata saranno sotto controllo 24 ore su 24, permettendo una valutazione di ogni singolo elemento con una precisione ed analisi impensabili fino a qualche anno fa. Lo sviluppo delle nuove intelligenze artificiali e l'ulteriore espansione del cloud, con l'implementazione della rete 5G, garantiranno l'elaborazione dei Big Data provenienti dall'agricoltura, permettendo una gestione “real time” dell'azienda agricola. Onde favorire la penetrazione di queste tecnologie, saranno edificate nuove infrastrutture digitali su larga scala, specialmente dei network per le zone rurali. Network che verranno affiancati a loro volta dall'utilizzo dei satelliti che garantiranno una migliore valutazione delle condizione meteorologiche, dando vita alla agrometeorologia avanzata. Nel prossimo futuro i vari raccolti saranno gestiti decisamente meno dalla forza umana, la quale verrà ridotta al ruolo generale di supervisione e analisi, grazie all'automatizzazione di tutte le fasi di gestione delle aree coltivate con lo sviluppo della robotica. I droni in questo modo dovrebbero garantire non solo una migliore precisione e cura, ma anche una gestione full time in qualsiasi condizione, 365 giorni all'anno.

L'evoluzione digitale del comparto agricolo non si fermerà solo alle fasi di semina e raccolta, ma andrà ad investire tutta la filiera per rispondere alle richieste di maggiore qualità e controllo dei prodotti da parte della popolazione. Tracciabilità e sicurezza diventeranno non solo elementi fondamentali da garantire, ma saranno anche delle componenti strettamente legate alla tecnologia blockchain, la quale certificherà tutte le fasi del ciclo dal campo alla tavola. Cosa che secondo le imprese più innovative potrà costituire un miglioramento dell'efficienza della supply chain e una maggiore sostenibilità ambientale-sociale. Per gestire questo complesso salto tecnologico nei prossimi anni diventerà dominante la figura dell'agrotech specialist, che dovrà valutare, gestire e supervisionare il funzionamento delle aziende inserite nell'agricoltura 4.0. Un mercato molto promettente in Italia che ha raggiunto un valore di 540 milioni di euro con forti incrementi previsti per il futuro.

Agire fra crisi ed evoluzioni del Sistema globale

L'avvento dell'AgriTech 4.0 non è dettato unicamente dall'espansione del Sistema industriale-tecnologico, ma anche dal tentativo di rispondere e risolvere una serie di problematiche legate al nostro modello di sviluppo. Secondo le ultime proiezioni la crescita della popolazione globale arriverà al suo picco nel 2050, con circa 9,9 miliardi di individui che dovranno essere nutriti in linea con gli obiettivi dell'Agenda 2030. La sfida dell'incremento della popolazione si combinerà con il fatto che miliardi di persone cercheranno di diventare classe media nei prossimi anni, consumando una maggiore varietà di prodotti. Per far fronte a questa richiesta e per evitare il ritorno delle carestie su larga scala in ampie parti del pianeta, la produzione agricola dovrà moltiplicare nettamente il suo rendimento.

Allo stato attuale ciò sarà possibile solo con un salto tecnologico legato alla digitalizzazione e all'agrobiotecnologia. Una tale pressione planetaria potrà essere difficilmente gestita in altro modo, a meno di non accettare che vaste parti della popolazione restino scarsamente alimentate (tutt'ora circa 800 milioni di persone sono denutrite), oltre che razionamenti alimentari, conflitti per le aree fertili e inevitabili ripercussioni economiche e sociali sulla nostra civiltà. Un'improbabile e massiccia redistribuzione del cibo non potrebbe comunque sopperire al fabbisogno di quasi dieci miliardi di persone. E all'orizzonte nessuno è in grado di fermare la crescita della popolazione, come della nuova classe media dei Paesi emergenti, senza ricorrere ad impopolari (e sicuramente inquietanti) politiche di controllo demografico. Va inoltre tenuto conto che gran parte dell'umanità nel prossimo futuro vivrà in contesti densamente urbani, specialmente nelle megalopoli, le quali richiederanno non solo costanti flussi di approvvigionamento alimentare, ma anche lo sviluppo di serre e laboratori cittadini in grado di fornire prodotti a km zero, con un consumo inferiore di risorse.

Progetto di farming urbano

Progetto di farming urbano "Square root", USA, 2020

Il nome tecnico di questo settore agricolo è “Vertical Farming” o “Skyfarming”, che ha avuto origine nella sua concezione odierna oltre due decenni fa. Tramite serre automatizzate, gestite da agribot perennemente all'opera, sarà possibile ottenere un incremento della produzione agricola diminuendo drasticamente il consumo del suolo, dell'acqua, delle risorse, e minimizzando l'uso di pesticidi. L'integrazione del vertical farming con i principi dell'economia circolare, per funzionare, dovrà porsi seriamente il problema della minimizzazione dei rifiuti, e di alimentare il suo ciclo con energie rinnovabili: un mercato, questo, in fortissima crescita e che nel 2025 raggiungerà quasi i 10 miliardi di dollari su scala globale.

La combinazione dello skyfarming con lo sviluppo generale della rivoluzione agricola 4.0 sarà necessaria anche per affrontare quella che viene considerata una delle emergenze più gravi della nostra epoca: la crisi climatica-ambientale. Lo sviluppo industriale nel corso degli ultimi due secoli ha comportato una profonda alterazione dell'ecosistema in cui viviamo, fra inquinamento del suolo, dell'aria e dell'acqua, distruzione degli habitat naturali ed emissioni di gas serra responsabili dei cambiamenti climatici. Nel mondo il settore agricolo è responsabile di una quantità non indifferente di emissioni di CO2, che non potranno più essere tollerate nei prossimi anni se si vorranno rispettare i limiti imposti dai (tentennanti) accordi di Parigi e di Glasgow. L'implementazione dell'AgriTech 4.0 dovrebbe comportare una diminuzione di questi impatti negativi agendo principalmente su alcuni fattori importanti: la diminuzione netta dell'uso di pesticidi e altri agenti inquinanti, la riduzione degli sprechi tramite il miglioramento dell'efficienza del ciclo produttivo, e infine puntare ad una maggiore capacità di affrontare tempestivamente le conseguenze della crisi climatica, adattandosi alle alterazioni dell'ecosistema e rispondendo alle possibili crisi socio-economiche del futuro.

Quest'ultimo fattore sarà decisivo soprattutto nei Paesi poveri ed emergenti, già colpiti dall'aggravamento della crisi climatica e al centro di un crescita accelerata e disordinata delle proprie economie e della popolazione stessa. In Cina numerosi investimenti sono promossi dalle maggiori multinazionali del Paese, sotto la spinta del leader Xi Jinping (che di recente ha riaffermato la volontà di guidare il Paese in direzione dell'autosufficienza alimentare), mentre nel resto del continente asiatico si stanno moltiplicando gli sforzi in questo settore. Anche in diversi Paesi africani, nonostante le difficoltà economiche e sociali, si stanno sviluppando promettenti progetti. Tutti questi investimenti si inseriscono nella generale trasformazione dell'industria alimentare e agricola globale. 

Un mondo green-tech?

Adesso, al di là degli evidenti vantaggi offerti dalle nuove tecnologie, quali sono i limiti e le problematiche che potrebbero presentarsi nei prossimi anni?

L'aumento promesso della produzione agricola con una diminuzione dell'uso delle risorse potrebbe non essere sufficiente a limitare l'impatto sull'ecosistema. Uno dei maggiori nodi da sciogliere è quello del cosiddetto "effetto rebound", ovvero l'ulteriore rilancio dei consumi su larga scala grazie alla nuova efficienza e abbondanza. Purtroppo questo effetto è stato già osservato ripetutamente. E, date le disuguaglianze presenti fra i vari Paesi, l'AgriTech 4.0 probabilmente favorirà le nazioni più ricche e avanzate in grado di implementare più velocemente le infrastrutture necessarie. Senza un'adeguata redistribuzione delle risorse economiche e uno scambio di tecniche e conoscenze, molti Paesi poveri rimarranno arretrati con gravi ripercussioni sul futuro, specialmente in quelle aree, come l'Africa sub-sahariana, dove la popolazione raddoppierà nei prossimi 30 anni.

Le disuguaglianze non si presenteranno solo fra i vari Stati, ma anche all'interno di ogni nazione a seconda del ceto, della fascia di popolazione interessata e della dimensione delle aziende. Il digital divide costituisce tutt'ora un problema alquanto nebuloso, dove alcuni ipotizzano il pericolo di avere piccole aziende agricole incapaci ad implementare rapidamente tale evoluzione lasciando il campo a grossi conglomerati. Altri invece, più ottimisti, pensano che la diffusione delle tecnologie esponenziali sarà a portata anche delle fasce più povere e delle micro-imprese, grazie all'abbattimento dei costi, come si è visto negli ultimi decenni nei confronti di altre tecnologie.

Sicuramente un successo del vertical farming e dell'agricoltura 4.0 potrebbe sconvolgere i mercati agricoli, sia riguardo l'economia interna che nei mercati internazionali, con effetti notevoli su flussi commerciali-agricoli. Le grandi città potrebbero diventare autosufficienti, così come anche diverse nazioni, non dipendendo più dai Paesi esportatori di questo o quel prodotto. Se questo processo dovesse avvenire in maniera repentina e sregolata, senza adattamenti e adeguate contro-misure economiche su larga scala, l'impatto sarà dirompente e, di nuovo, a danno dei più deboli. Vista l'elevata specializzazione tecnologica richiesta e la modificazione dei flussi di approvvigionamento, potrebbero pure verificarsi dei conflitti economici e sociali fra le campagne rimaste arretrate e le smart cities autonome su base alimentare, così come fra i Paesi avanzati e quelli rimasti indietro. Lo stesso mutamento del mercato del lavoro del settore primario potrebbe determinare un nuovo tipo di disoccupazione, aggravata dalla diffusione dell'automazione combinata con l'intelligenza artificiale.

Infine alcuni studiosi hanno sottolineato il problema della progressiva perdita di contatto, causa la crescente automatizzazione, con una delle principali mansioni che ha impegnato la nostra specie fin da quando siamo diventati stanziali. Una questione non solo tecnologica, ma anche culturale e sociale, e al netto delle conseguenze impreviste derivanti dall'uso delle nanotecnologie e dallo sviluppo dell'agrobiotecnologia, oltre che delle minacce poste dalla futura cyberwarfare con attacchi diretti verso le fonti alimentari. Questo connubio fra rischi ed opportunità andrà obbligatoriamente affrontato nei prossimi anni, visto che l'agricoltura 4.0 sta già diffondendosi in numerose nazioni e nel giro di poco tempo sarà probabilmente la forma dominante o forse l'unica scelta possibile.

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è giornalista pubblicista, speaker radiofonico e autore di analisi sul sistema industriale-tecnologico. Si occupa di evoluzioni e crisi dei modelli di sviluppo, con al centro la crisi climatica e i piani di mitigazione/adattamento connessi con la geopolitica e la macroeconomia. Scrive su varie testate nazionali.

Pubblicato:
29-11-2021
Ultima modifica:
28-11-2021
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